Cosa Nuova. Viaggio nei feudi della 'Ndrangheta con lo squadrone cacciatori by Andrea Apollonio

Cosa Nuova. Viaggio nei feudi della 'Ndrangheta con lo squadrone cacciatori by Andrea Apollonio

autore:Andrea Apollonio [Apollonio, Andrea]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788881018338
editore: Luigi Pellegrini Editore
pubblicato: 2012-10-21T21:00:00+00:00


Gioia Tauro - La conquista

Quel giorno, decisi di rimanere in base. Almeno, queste erano le mie intenzioni iniziali. Era un venerdì pomeriggio abbastanza sonnolento, ed i giorni che l’avevano preceduto erano stati oltremodo intensi. La mia presenza accanto ai militari dello Squadrone andava defilandosi, a breve sarei rientrato in Puglia; iniziavo a sentirmi piombato di storie raccontate, eventi vissuti e luoghi visitati, ingordo di quel senso di onnivorismo che mi aveva guidato fin dal principio. In mattinata mi chiusi nella piccola biblioteca della base, a riordinare le idee, quei pensieri fugaci che dovevo catturare in qualche modo. Ero interrotto soltanto dal panciuto brigadiere di Vibo che si occupava della mensa, come di qualsiasi altra cosa. Affacciandosi quasi con timore, continuava a ripetermi: “Dottore, ‘uliti qualcosa?”. La sua premura era tutt’altro che fastidiosa, perché piacevolmente mi ricordava che ero diventato parte di un contesto impenetrabile, diffidente talvolta. E vi ero penetrato senza troppi meriti, soltanto osservando, condividendo amarezze che a fatica riuscivo a deglutire.

Avevo concordato con il comandante che quel pomeriggio saremmo andati assieme al poligono di tiro. Lo attendevo dunque, ma senza troppa fretta. Ero incantato dagli elicotteri dei carabinieri che sorvolavano la mia testa, quasi sfiorandola: il venerdì era il giorno delle esercitazioni di volo, e le pale degli elicotteri della base muovevano aria senza sosta, pregna del rumore pulsante ma ovattato dei loro motori. Con la proverbiale concezione di relatività del tempo, che in tutto il Meridione rende lentissimo lo scorrere dell’attimo, non mi accorsi neppure che il comandante aveva ampiamente sforato quel margine di ritardo che si concedeva spesso. Arrivò infine, trafelato. E sembrava avesse da dirmi qualcosa che avrebbe sconvolto i miei piani. “Al porto di Gioia Tauro hanno appena sequestrato 560 chili di cocaina purissima”. Rimanemmo immobili, l’uno di fronte all’altro. Non riuscivo a leggere i suoi pensieri nell’istante, ma neppure mi sforzai di farlo, preso com’ero dai miei.

Cinquecentosessanta chili di cocaina è una quantità abnorme, spropositata persino rispetto alla fame di percentuali crescenti di guadagno delle cosche più intraprendenti. Può coprire il fabbisogno di cocaina di una città come Milano per due anni interi, ma solo perché questo è il luogo dove se ne consuma di più in Europa. Altrimenti, per molto più tempo. Rappresenta la quantità sniffata o iniettata da un consumatore abituale in cinquemila anni, che può permettersi la tassa fissa di quasi 100 euro a dose. Non considerando, ovviamente, che di anni ne bastano un paio per bruciare neuroni, maciullare le percezioni e far impazzire il ritmo cardiaco. Ma sopratutto, è un carico che sul mercato vale 140 milioni di euro. All’incirca, l’utile netto che la Banca centrale europea consegue in un anno d’esercizio.

Nel mio inarrestabile periclitare di quei giorni, avevo lasciato che i Cacciatori mi guidassero. A loro, il compito di impressionare indelebilmente la pellicola del mio viaggio, a loro compasso e righello, affinché tracciassero con l’esperienza che li è propria la cartina geografica della ’ndrangheta. Che mi era rimasta scolpita nella mente, ben definita nei due lati della bimare provincia reggina, nel cui perimetro erano evidenziati luoghi e famiglie.



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